L’indennità di licenziamento è mutata nel corso degli anni per effetto dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n°23 del marzo 2015. Tale norma si applica a tutti i dipendenti che sono stati assunti da quel momento in avanti, anche quelli che hanno subito un cambio contrattuale, da determinato a indeterminato oppure, da fine apprendistato ad accordo definitivo. Entrando nei dettagli, possiamo vedere che è cambiata, per effetto di questo Decreto Dignità, la durata e l’ammontare delle spettanze, per coloro che vengono licenziati per giusta causa, per motivi di discriminazione soggettiva o per licenziamento collettivo.
Cos’è la buonuscita di licenziamento
Il corrispettivo che spetta al lavoratore dipendente, in caso di licenziamento, è detta buonuscita, anche se il termine risulta improprio o quantomeno non previsto dal nostro ordinamento giuridico.
La nostra legislatura però, prevede delle norme da rispettare in caso di licenziamenti illegittimi o discriminatori nei confronti del lavoratore. Quindi per essere più precisi, è più corretto parlare di riconoscimento di un corrispettivo al dipendente, onde evitare che quest’ultimo possa impugnare il licenziamento ritenuto ingiusto o infondato.
Quindi è ovvio, che più si tratti di un rapporto lavorativo finito senza adeguati presupposti di regolarità e più il datore di lavoro sarà disposto a pagare una buonuscita, per evitare di subire una causa legale, nella quale nella maggior parte dei casi, sarà costretto a soccombere e a reintegrare il dipendente.
Quali sono le modalità di pagamento
Andiamo a vedere nel dettaglio come si calcola la buonuscita per licenziamento. Per prima cosa, come già accennato sopra, bisogna stabilire se la fine del rapporto sia più o meno giustificato e legittimo, in secondo luogo, si deve valutare quale tipo di tutela nella fattispecie si andrà ad applicare. In Italia infatti, esistono diverse tutele, la distinzione sostanziale riguarda le aziende che hanno più o meno di 15 dipendenti. L’indennità si riceve secondo le seguenti modalità:
- In un unica rata se l’ammontare, comprensivo anche di TFR, non supera i 50000,00 euro.
- In due soluzioni se la cifra totale supera i 50000,00 euro, con un primo versamento di 50000,00 euro e la restante parte entro l’anno successivo.
- Divisa in tre importi se l’ammontare va oltre i 100000,00 euro, con un versamento di 50000,00 euro il primo anno, 50000,00 euro il secondo e la parte restante il terzo anno.
Indennità di licenziamento per imprese con meno di 15 dipendenti
In linea generale, la prima cosa da stabilire è la legittimità o meno del licenziamento, nel caso che si tratti di una fine di rapporto lavorativo non giustificato e senza adeguati presupposti normativi di legge, nel nostro Paese si fa distinzione a seconda che si tratti di un’azienda con più o meno di 15 dipendenti. Infatti in caso di licenziamento ritenuto illegittimo da un tribunale preposto a giudicare la fattispecie, al lavoratore, se presta lavoro in un’azienda con meno di 15 dipendenti, spetterà un risarcimento del danno e quindi un’indennità economica che va da due a sei mensilità del suo corrispettivo ordinario.
Se invece, si fa riferimento ad una persona che opera in un’impresa con più di 15 dipendenti nell’organico, allora la buonuscita in caso di licenziamento può variare dai 24 a 36 mesi della busta paga mensile. Ovviamente abbiamo fatto un calcolo abbastanza generico, poiché le variabili in gioco sono tante, così come sono tanti i fattori a determinare l’ammontare del risarcimento economico, è sempre consigliabile in questi casi rivolgersi ad un professionista della materia, come può essere un avvocato per i licenziamenti.
Un legale potrà rappresentare al meglio le ragioni del dipendente, nonché consigliare la persona su quale sia la strada migliore da percorrere per la specifica fattispecie.
Quando è possibile chiedere la buonuscita di licenziamento
Diciamo subito, che per chiedere la buonuscita per licenziamento, deve sussistere almeno uno dei due parametri fondamentali, che sono licenziamento illegittimo o inquadramento di livello o mansione errato. In uno di questi due casi, è molto probabile che il lavoratore in caso di querelle giudiziaria abbia la meglio sul suo capo, che onde evitare rischi dal gravame più pesante, derivanti da una condanna giudiziaria, avrà tutto l’interesse a soddisfare le richieste economiche del lavoratore, in via extragiudiziale.
Ovviamente quantificare le somme è sempre un rompicapo di non facile risoluzione, tuttavia possiamo asserire che l’ammontare economico è collegato a tre fattori principali: quali violazioni di norme sono state fatte durante il rapporto lavorativo, quali conseguenza di legge comportano le norme disattese e che rischi di fare una causa legale comportano tali violazioni. Essendo un quesito estremamente tecnico, solo un avvocato del lavoro, con le dovute conoscenze in materia, può risolvere.
Licenziamento con buonuscita, cosa fare con l’avvocato Federica Barbiero
Come abbiamo scritto fin ad ora, in caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore può far leva sui timori del suo datore di lavoro di subire una condanna giudiziaria, per ottenere un risarcimento economico sotto-forma licenziamento con buonuscita.
Tuttavia essendoci tanti fattori e variabili ad entrare in gioco, non è mai facile stabilire la legittimità del licenziamento e l’ammontare del danno economico arrecato al dipendente, per questo e altri motivi, è sempre raccomandabile affidarsi ad un legale, come l’Avvocato Federica Barbiero, esperta di diritto del lavoro.
Questo prestigioso legale, presente presso lo studio di Torino, potrà dare ai propri assistiti una consulenza in caso di licenziamento illegittimo, stabilendo la strategia operativa più indicata, consigliando in base al caso specifico, se sussistono i presupposti per aderire alle vie legali, e in quel caso, accompagnare e guidare la persona offesa, nell’intero iter giudiziale.
Buonuscita per licenziamento a Torino – info dall’avvocato Federica Barbiero
Quando si può avere la buonuscita?
All’avvicinarsi della conclusione del periodo lavorativo, ci si può chiedere se e quando spetta la buonuscita. La buonuscita è la somma di denaro che spetta al dipendente pubblico che ha terminato il suo percorso lavorativo presso l’ente a cui ha prestato servizio per diversi anni. Quest’indennità (denominata IBU) viene retribuita a coloro che lavorano nelle Agenzie fiscali del demanio, nelle articolazioni ministeriali, nelle Scuole e nei vari comparti universitari. Per calcolare la buonuscita si deve moltiplicare il numero degli anni di lavoro per un dodicesimo dell’80% della retribuzione annua lorda, comprensiva della tredicesima. Questa retribuzione non può comunque superare i 240.000 euro lordi.
Quanto costa licenziare nel 2022?
Se volessi sapere quanto costa licenziare un dipendente nel 2022, devi innanzitutto considerare l’ammontare del ticket di licenziamento che è stato fissato per il 2022 a 557,92 euro per ogni anno lavorativo fino a un massimo di tre anni (il suo ammontare massimo equivale, quindi, a 1.673,76 euro).
Il ticket di licenziamento è una sorta di tassa che il datore di lavoro deve corrispondere all’INPS in caso di interruzione del rapporto di lavoro, salve alcune eccezioni (le dimissioni volontarie, il lavoro domestico, il fine cantiere e la cessazione d’appalto).
Chi ha diritto alla buonuscita?
Per sapere chi ha diritto alla buonuscita bisogna tenere in considerazione la data di assunzione del lavoratore. Il nostro ordinamento riconosce questa indennità, conosciuta come Trattamento di Fine Servizio, ai dipendenti pubblici che sono stati assunti con un contratto a tempo indeterminato prima del 31 dicembre 2020. La somma spetta quindi al termine del percorso lavorativo, ovvero quando l’interessato cessa di lavorare per l’ente pubblico. L’erogozione può avvenire in un’unica soluzione, in due o più rate.
Quanto è la buona uscita?
Per sapere a quanto ammonta l’indennità di Buonuscita, è necessario fare un calcolo specifico. L’importo spettante, infatti, viene determinato moltiplicando l’80% del salario lordo annuo percepito al momento della risoluzione del rapporto lavorativo. La cifra ottenuta dovrà poi essere divisa per 1/12 e il totale moltiplicato per gli anni di occupazione, tenendo anche conto dell’ultimo periodo. Nel calcolo non vengono considerati gli anni dove il periodo di lavoro è inferiore a sei mesi, nel caso invece superassero i sei mesi vengono conteggiati come anni interi.