Cercar di far valere i propri diritti sul posto di lavoro è sempre più difficile. Sempre più spesso, infatti, con maggior frequenza, ci si rivolge a un avvocato esperto di diritto del lavoro per sapere come comportarci in caso di discriminazioni sul posto di lavoro.
Battutine sarcastiche, approcci non graditi, epiteti e appellativi sessisti o a sfondo religioso e razziale, mobbing, mancati pagamenti o non riconoscimento di ferie e malattia, sono tra le discriminazioni più odiose riscontrate in ambito lavorativo. E difenderti può risultare davvero molto difficile, giacché provare questo tipo di comportamento, non è facile come possa sembrare in apparenza.
Discriminazioni sul posto di lavoro: vediamoci chiaro
Benché, infatti, il D.lgs. 216/2003 emanato in attuazione della direttiva 2000/78/CE “in materia di parità di trattamento nell’ambito dell’occupazione e di condizioni di lavoro con le modificazioni apportate dal decreto legislativo 59/2008 convertito con successive modificazioni dalla legge 101/2008” miri a difendere i lavoratori da qualsiasi discriminazione di tipo razziale, religioso, sessuale o inerente la sfera della salute e della dignità umana, ancora oggi è possibile assistere a pesanti limitazioni nell’accesso al mondo del lavoro e nel corso dello svolgimento del rapporto lavorativo stesso.
Le discriminazioni, infatti, possono essere tante ed estremamente eterogenee, potendo consistere in comportamenti scorretti da parte del datore di lavoro, in ingiustizie e molestie, in demansionamenti o in attribuzione ad altri incarichi, diversi e più gravosi da quelli per cui si è stati assunti. E ancora, il mancato godimento di ferie o di permessi per assistere i parenti ammalati, l’esclusione dai premi di produttività o dagli scatti di anzianità ben possono annoverarsi tra le più frequenti discriminazioni sul posto di lavoro.
E se ti stai chiedendo se puoi difenderti da tutti questi comportamenti scorretti, sappi che la risposta è affermativa. Vediamo, dunque, quali sono tutte le tutele previste dalla legge e quando devi rivolgerti a un avvocato per far valere i tuoi diritti.
Il rispetto dei diritti dei lavoratori
Nell’ambito del rapporto di lavoro, i diritti spettanti ai lavoratori possono essere raggruppati in tre grandi categorie e, rispettivamente, diritti patrimoniali, sindacali e personali. Se nell’alveo dei diritti patrimoniali si ritengono inclusi quelli concernenti l’ottenimento di una giusta retribuzione e al trattamento di fine rapporto e nell’ambito di quelli sindacali rientra il diritto allo sciopero, per i diritti personali il ragionamento si fa più complesso, giacché si tratta proprio della categoria in cui si perpetrano i maggiori abusi.
Le discriminazioni, infatti, possono riguardare il diritto ad assentarsi dal posto di lavoro per malattia, infortunio, gravidanza e allattamento oppure essere inerenti ai periodi di riposo quotidiano, settimanale o mensile e, ovviamente, concernere il diritto alle ferie. Tutti questi diritti, ritenuti sacrosanti e assolutamente inviolabili, possono essere lesi dal datore di lavoro e dar luogo a uno stato di perdurante ansia e malessere in capo al lavoratore, vittima di comportamenti ingiusti e gravemente inficianti la propria dignità di lavoratore e di essere umano.
In tutti questi casi, rivolgersi a un giuslavorista può essere il primo passo per difendersi da tutte le discriminazioni sul posto di lavoro.
Come difenderti dalle discriminazioni sul posto di lavoro
Denunciare le discriminazioni in ambito lavorativo non è sempre facile, soprattutto per il timore di ritorsioni e di probabili licenziamenti. L’importante è affidarsi a un avvocato e decidere insieme la strada da seguire. Lo scopo, infatti, è quello di arrivare quanto prima a un tentativo di conciliazione o mediazione, in modo tale da spingere il datore di lavoro a rimuovere il comportamento palesemente discriminatorio.
Laddove il datore di lavoro non dovesse porre fine alla sua attività discriminatoria, il ricorso a un giudice diventa assolutamente necessario. Il lavoratore ha l’obbligo di fornire tutte le prove a sostegno della propria tesi, documentando per quanto più possibile, tutti i comportamenti discriminatori posti in essere dal datore di lavoro.
Dimostrare l’inesistenza di un comportamento scorretto o discriminatorio, invece, spetta al datore di lavoro, su cui incombe l’obbligo di dover provare di essersi adoperato al fine di evitarla, laddove le condotte scorrette siano ascrivibili ad altri soggetti.
Anche se a seguito della depenalizzazione, le discriminazioni sul posto di lavoro non sono più considerate un reato, chi è ritenuto responsabile di tali condotte può essere condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria più elevata rispetto al passato, compresa tra i 5.000 e 10.000 euro.