Con il termine mobbing si indica un’ampia gamma di comportamenti vessatori esercitati contro il lavoratore dal datore di lavoro o da altri soggetti, come colleghi, dipendenti o familiari nel contesto di un’azienda di famiglia. Il diritto del lavoro riconosce queste circostanze e tutela la vittima, accordandogli alcuni strumenti di protezione che potrà attivare a difesa dei propri diritti.
In tutti questi casi, il consulto e l’intervento di un avvocato giuslavorista saranno fondamentali per individuare e qualificare i casi di mobbing, circoscrivendo la fattispecie e indicando la strada più sicura per recuperare e proteggere la propria serenità sul posto di lavoro.
Il mobbing: come riconoscerlo e come difendersi
Una delle difficoltà più frequenti, infatti, è proprio quella di individuare con evidenza le condotte che possono costituire, nel loro insieme, una lesione dei diritti del lavoratore qualificabile come mobbing.
Tra le tante condotte lesive, infatti, occorre isolare una pluralità di comportamenti non solo connessi tra loro, ma anche preordinati a provocare disagio, sofferenza e danni al lavoratore nell’ambito della sua vita lavorativa e/o personale. Accanto ai requisiti della connessione e della coordinazione, inoltre, perché si possa parlare di mobbing occorre anche che i comportamenti lesivi si protraggano per un significativo lasso di tempo, non rilevando ai fini dell’individuazione del mobbing – per quanto dannosi – gli episodi isolati.
Se credi che i tuoi diritti siano stati lesi da comportamenti univocamente rivolti a provocare danno alla tua serenità e alla tua vita lavorativa, quindi, il primo passo da compiere sarà quello di rivolgerti a uno studio legale di comprovata esperienza nel settore del diritto del lavoro. Il consulto tempestivo di un legale specializzato potrà, infatti, aiutarti a individuare in tempo le forme più efficaci di tutela.
Come individuare il mobbing
Uno degli aspetti più problematici del mobbing è sicuramente quello di fornire prova non solo dei comportamenti lesivi, ma anche dell’effettiva incidenza degli stessi sulla vita lavorativa e personale del lavoratore e sul loro essere metodicamente rivolti alla sua umiliazione.
Questo fenomeno – sociale prima che giuridico – è spesso aggravato dal fatto che il lavoratore colpito si ritrova da solo a combattere contro queste ingiustizie: non è raro che colleghi o altri superiori si allontanino, negando il proprio appoggio per paura di essere coinvolti nella vicenda o per semplice disinteresse.
In questa cornice dai contorni sfuggenti, quindi, il professionista legale si distingue come un vero e proprio punto di riferimento per la vittima, che troverà nel suo consulto un aiuto qualificato per proteggere i propri interessi.
Ma quali comportamenti possono essere qualificati come mobbing? L’individuazione dei comportamenti mobbizzanti deve fare riferimento, innanzi tutto, alla normativa di settore: attualmente si tratta di fonti composite, che abbracciano non solo alcuni principi generali sanciti dalla Costituzione e dal Codice Civile, ma anche fonti più specifiche.
Tra queste si annovera innanzi tutto lo Statuto dei Lavoratori, che punisce l’utilizzo vessatorio da parte del datore di strumenti disciplinari e ogni genere di comportamente discriminatorio verso lo stesso. Un’ulteriore fonte, inoltre, è il D. Leg.vo 81/2008, che disciplina la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
Sul piano penalistico, invece, non esistendo ancora una fattispecie di reato specifica, i comportamenti qualificabili come mobbing possono essere ricondotti alle più generiche lesioni personali.
La casistica delineata dalla giurisprudenza ha, nel tempo, considerato rientrare nella fattispecie episodi di demansionamento protratto nel tempo, ma anche episodi di umiliazione pubblica, la diffusione di falsità sul conto del lavoratore e altre forme di abuso più o meno gravi.
Come proteggersi
Il mobbing in ambito lavorativo può essere perpetrato dal datore di lavoro (mobbing verticale), dai colleghi (mobbing orizzontale) ma anche da una pluralità di persone, anche come esito di una precisa politica aziendale volta a provocare le dimissioni del lavoratore stesso.
In tutti questi casi, la vittima potrà – previa dimostrazione delle condotte lesive – chiedere un risarcimento per i danni subiti, siano essi legati a un peggioramento della sua salute, del suo patrimonio o della generica qualità della sua vita.
Sotto la guida di un avvocato giuslavorista, il lavoratore potrà accedere a questo forme di tutela risarcitoria dopo aver adempiuto al suo onere di provare l’esistenza del danno, le condotte lesive preordinate ad arrecarglielo e il nesso di causalità.