Sempre più spesso e soprattutto negli ultimi anni, complice anche la crisi economica, in Italia non si fa che parlare di mobbing sul posto di lavoro. Ma concretamente di cosa si tratta? Questo termine di derivazione anglosassone, propriamente, sta a indicare una serie di comportamenti, sia materiali sia psicologici, messi in atto dal datore di lavoro ma anche dai colleghi ai danni del lavoratore, tesi a lederne la dignità e la vita privata.
Risarcimento per mobbing: di cosa stiamo parlando?
Tali atteggiamenti, violenti e persecutori, coercitivi ed estremamente vessatori, non solo possono minare la serenità del lavoratore sul posto di lavoro, ma possono avere anche gravi ripercussioni sulla sfera familiare e affettiva, concretandosi in uno stato di perdurante malessere, non di rado sfociante in depressione e in attacchi di panico, anche di particolare entità.
Queste condotte così lesive e antigiuridiche, ritenute talmente gravi da richiedere l’intervento dell’Autorità Giudiziaria, non a caso sono tenute sotto controllo in Svezia già dal 1994, andando a configurarsi come comportamenti penalmente rilevanti.
In Italia, purtroppo, siamo ancora ben lontani da una tutela così profonda e radicalizzata ma qualcosa inizia anche a muoversi anche nel Belpaese, aprendo anche la strada a un vero e proprio risarcimento per mobbing. Ma, come sottolinea la Corte di Cassazione con la sentenza n. 290/2016, non tutte le condotte discriminatorie sul posto di lavoro possono dar luogo a un risarcimento per mobbing, richiedendo nello specifico che ogni vicenda lesiva della dignità del lavoratore sia finalizzata a un piano preordinato, attuato allo scopo di denigrare, diffamare e umiliare il lavoratore.
Le condotte lesive da provare per il risarcimento per mobbing
Elaborato esclusivamente dalla giurisprudenza e non ancora disciplinato da una norma ad hoc, il mobbing richiede precisi requisiti per la sua sussistenza.
Innanzitutto, affinché il lavoratore possa avere diritto a un eventuale risarcimento per mobbing, è necessario che i comportamenti posti in essere siano:
- di tipo persecutorio, protratti nel tempo e perpetrati dal datore di lavoro o dai suoi preposti o dipendenti ai danni di un lavoratore;
- essere gravemente lesivi della dignità del lavoratore;
- mirati a indebolire la posizione del lavoratore sul posto di lavoro e, pertanto, concretizzati in demansionamenti o in incarichi più gravosi e particolarmente svilenti per la personalità del lavoratore.
A tutto questo, inoltre, si aggiungono molestie vere e proprie, diffamazioni, critiche ed esclusione dall’assetto lavorativo, con annessa marginalizzazione e isolamento del lavoratore. Per parlarsi di mobbing è necessario che le condotte poste in essere siano parte di un piano discriminatorio, prolungato nel tempo, dal quale scaturisca il pregiudizio subito dalla vittima, offesa nella propria dignità e nella propria sfera privata.
Va da sé, quindi, che se sei vittima di questi comportamenti penalmente rilevanti, non solo puoi rivolgerti a uno degli sportelli anti-mobbing presenti in tutta Italia ma anche sporgere denuncia, querela o un esposto per far valere i tuoi diritti, sia come essere umano sia come lavoratore.
Ottenere il risarcimento per mobbing
Come avrai già intuito, non è proprio facilissimo dimostrare di essere vittima di mobbing sul posto di lavoro. Per fortuna, però, negli ultimi anni l’attenzione dei media sul mobbing è cresciuta, ottenendo un vero e proprio riconoscimento di queste condotte persecutorie, dando il via libera ai primi risarcimenti per danno biologico derivante da mobbing.
Il primo passo da compiere è raccogliere quante più prove a sostegno della propria denuncia, documentare il demansionamento o l’attribuzione a nuove mansioni, più gravose delle precedenti, magari anche cercando dei testimoni che possano raccontare la vicenda nei minimi dettagli. Il giudice chiamato a pronunciarsi sul risarcimento per mobbing non solo dovrà valutare attentamente tutte le prove allegate dal lavoratore ma anche stabilire se il danno vantato sia la diretta conseguenza di tali condotte.
Quanto al risarcimento vero e proprio, il giudice può prendere in considerazione diversi aspetti. Se da un lato, infatti, ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile, il datore di lavoro dovrà risarcire la vittima di mobbing perché reo di non aver tutelato la sua integrità morale e fisica, dall’altro lato, in virtù dell’articolo 2043 c.c. egli sarà ritenuto responsabile di aver causato un danno ingiusto al suo dipendente e, pertanto, obbligato al risarcimento.