Il licenziamento ingiusto: come tutelarsi
L’interruzione del rapporto di lavoro per volontà del datore prende il nome di licenziamento e, in determinate condizioni, può essere oggetto di contestazione da parte del lavoratore. Può capitare, infatti, che il licenziamento avvenga in assenza di una giusta causa o in violazione di norme giuridiche che tutelino il dipendente: in questo caso, è importante rivolgersi a un professionista che possa consigliarti la giusta procedura da seguire. La fine del rapporto di lavoro è infatti segnata da una serie di interessi – economici e non solo – ai quali il nostro ordinamento riconosce un’articolata tutela.
Discriminazioni, comportamenti vessatori e mancato rispetto delle forme e dei tempi prescritti dalla legge per la comunicazione del licenziamento sono solo alcune delle circostanze in cui il lavoratore licenziato può proporre ricorso. Se ritieni di aver subito un licenziamento ingiusto, quindi, ricorda che l’iter per la sua impugnazione è soggetto al rispetto di termini precisi e piuttosto stringenti: informarti sulle sue modalità è un tuo diritto e il primo passo da compiere per proteggere i tuoi interessi.
Quando il licenziamento è ingiusto?
Recedere unilateralmente dal contratto di lavoro è una facoltà che spetta, in determinate condizioni, a entrambe le parti. Quando questa scelta è esercitata dal datore di lavoro, prende il nome di licenziamento e deve essere notificato per iscritto al lavoratore: si tratta della nota ”lettera di licenziamento”, dalla cui ricezione decorrono i termini per l’impugnazione. La lettera può essere consegnata a mezzo di raccomandata, ma anche a mano in presenza di testimoni, e deve contenere l’indicazione delle ragioni per le quali il datore abbia deciso di interrompere il rapporto di lavoro.
Se hai ricevuto una lettera di licenziamento, sappi che la legge italiana riconosce rilevanza esclusivamente a determinati motivi di interruzione unilaterale.
Questi sono:
- La giusta causa
La giusta causa si riscontra in caso di comportamenti del lavoratore che giustificano il licenziamento. Si tratta di fattispecie piuttosto gravi, che attengono alla correttezza del dipendente all’interno dell’azienda o a illeciti penali che giustificano il venir meno della fiducia nei suoi confronti. Tra queste si annoverano, per esempio, il furto di beni aziendali, il rifiuto reiterato di portare a termine gli incarichi assegnati o il compimento di reati anche al di fuori del luogo di lavoro. - Il giustificato motivo soggettivo
Quando il lavoratore viene meno agli obblighi che gli sono imposti dal contratto di lavoro, può verificarsi un giustificato motivo soggettivo di licenziamento. L’interruzione del rapporto di lavoro per giustificato motivo soggettivo potrà verificarsi, per esempio, nel caso di violazioni reiterate del codice disciplinare o di episodi di violenza contro colleghi o superiori. - Il giustificato motivo oggettivo (individuale o collettivo)
Può capitare che un’azienda cessi definitivamente la sua attività o riorganizzi in modo radicale la pianta organica e la distribuzione delle mansioni. Quando questo accade, può verificarsi il licenziamento di uno o più lavoratori per motivi oggettivamente giustificati.
Come reagire a un licenziamento ingiusto
Se ritieni di aver subito un licenziamento ingiusto, sappi che la legge mette a tua disposizione un importante strumento di tutela: l’impugnazione del licenziamento. I termini per l’impugnazione decorrono dalla data in cui hai ricevuto la lettera di licenziamento (o dalla comunicazione dei motivi, se successivi) e sono di 60 giorni.
Entro questo termine dovrai rendere nota, con raccomandata o con Posta Elettronica Certificata, la tua volontà di opporti al licenziamento. L’impugnazione giudiziale dovrà invece essere proposta con ricorso, depositando l’atto presso la cancelleria del giudice del lavoro entro 180 giorni dalla stessa data di ricezione della lettera di licenziamento. Il rispetto di questi termini è essenziale: il ritardo preclude infatti la possibilità di impugnare il licenziamento ritenuto ingiusto e di tutelare i propri interessi.
Tuttavia, le ultime novità normative hanno introdotto una interessante novità, permettendo ai lavoratori che abbiano subito un licenziamento illegittimo di ottenere il risarcimento del danno entro 5 anni dalla ricezione della lettera. Questa scelta equipara, quindi, i termini a favore del lavoratore a quelli generali per risarcimento del danno derivante da responsabilità contrattuale. Nel caso in cui il giudice del lavoro ritenga fondata l’impugnazione del dipendente, gli strumenti di tutela riconosciuti sono due: il reintegro nel posto di lavoro e il pagamento di un’indennità.
Quest’ultima varia da un minimo di 4 a un massimo di 24 mensilità, commisurate agli anni di anzianità di servizio del lavoratore.