In particolari momenti della vita aziendale, l’imprenditore o datore di lavoro si trova costretto ad effettuare delle scelte particolarmente gravose per i dipendenti, arrivare cioè al licenziamento singolo o collettivo in quanto non è più in grado di sostenere l’attività di impresa dal punto di vista economico e finanziario. La riduzione del personale è la strada maestra intrapresa da molti imprenditori per ridurre i costi e cercare di continuare l’attività.
In altri casi, il licenziamento non risponde a queste motivazioni ma è una delle scelte effettuate dall’imprenditore in modo molto autonomo, spesso senza neanche riconoscere tutti i diritti al lavoratore licenziato. Queste situazioni sono molto frequenti nelle piccole realtà aziendali o nelle aziende individuali dove il datore di lavoro si identifica più come il padrone che come imprenditore. Molto spesso la categoria più penalizzata dai licenziamenti è quella delle donne, che vengono allontanate con una facilità maggiore rispetto agli uomini.
Ci si chiede se in queste circostanze il datore di lavoro possa procedere al licenziamento di un dipendente in maternità. Scopriamo insieme quali sono le ipotesi previste dalla legge, i casi in cui è possibile licenziare e quando si può richiedere l’annullamento.
La tutela della legge per il dipendente in maternità
Tutto il discorso su come licenziare un dipendente in maternità deve partire dal presupposto che la dipendente che si trova in stato di maternità sia stata assunta con un contratto di lavoro a tempo indeterminato. In tale ipotesi, le norme di legge stabiliscono che la dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato non può essere licenziata dal datore di lavoro se non nel caso in sia presente una giusta causa.
Il periodo di gravidanza viene stabilito a 300 giorni prima della data presunta per il parto così come indicato nel certificato del ginecologo che attesta lo stato di maternità della dipendente. La legge stabilisce che a partire da quella data e fino a quando il bambino non abbia compiuto il primo anno di età, la dipendente in maternità non è passibile di licenziamento.
Questo orizzonte temporale rappresenta una tutela molto ampia per la dipendente e qualora il datore di lavoro procede al licenziamento dalla dipendente senza giusta causa, il disposto dell’articolo 54 del Decreto Legislativo 151 del 2001 stabilisce che il licenziamento è totalmente nullo e che il datore di lavoro deve procedere alla reintegra della dipendente nel posto di lavoro e a corrispondere le mensilità non percepite.
Ma il datore di lavoro non può mai licenziare il dipendente in maternità?
Le disposizioni di legge attualmente in vigore non prevedono però un divieto assoluto per il datore di lavoro di licenziare il dipendente in maternità. Infatti, il sopra citato articolo 54, oltre a stabilire le ipotesi di nullità del licenziamento, prevede anche i casi in cui si possa procedere al licenziamento.
Il dipendente in maternità, infatti, può essere soggetto a licenziamento nei casi in cui è incorso in provvedimenti disciplinari per colpa grave, oppure in caso di una giusta causa per risolvere il rapporto di lavoro. Cerchiamo di capire meglio come orientarsi in questa giungla normativa.
Differenza tra giusta causa e giustificato motivo
Innanzitutto è fondamentale comprendere la differenza tra giusta causa e giustificato motivo. Nella prima fattispecie si fanno rientrare quei provvedimenti disciplinari particolarmente gravi che comportano che non possa più esistere un rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore dipendente; in tal caso il datore di lavoro può procedere al licenziamento immediato senza preavviso.
Per giustificato motivo, si intendono invece talune ipotesi di inadempienze gravi ma non in misura tale da poter procedere al licenziamento senza preavviso. Ma non sono solo i casi di provvedimenti disciplinari che possono giustificare il licenziamento del dipendente in maternità. Si pensi ad esempio ai casi di totale cessione dell’impresa. Specifichiamo meglio. Se il datore di lavoro cede la sua attività a terzi in maniera totale, il licenziamento è valido mentre se dovesse procedere alla cessione di un solo ramo d’azienda allora in licenziamento è da ritenersi nullo.
Questo perché se il datore di lavoro decide di esternalizzare parte delle sue attività, questa non si può considerare come giusta causa per procedere al licenziamento del dipendente in maternità. Anche in questa ipotesi è prevista la reintegra e la corresponsione delle mensilità arretrate. Allo stesso modo è illegittimo il licenziamento che viene effettuato esclusivamente per esigenze di riorganizzazione tecniche, produttive e organizzative.